“ABILI DI CUORE”: UNA RICERCA
SUGLI OMODISABILI
Nel 2007 è stata condotta una ricerca
sul rapporto tra omosessualità e disabilità. A capo del progetto ,
Priscilla Bernardi supportata da Cristina Chiari, Ilaria Galasso, il
Centro Bolognese di Terapia della Famiglia e il Centro
Documentazione Handicap di Bologna e di Handygay di Roma.
La ricerca, svolta attraverso delle
interviste ad un campione di persone omo o bisessuali con disabilità,
è facilmente reperibile in rete basta digitare “Abili di cuore”
(il titolo assegnato al progetto), in un qualsiasi motore di ricerca.
Ho deciso, comunque, per incuriosivi, di estrapolare alcune parti
interessanti delle interviste condotte.
Intervistatore: "Nella chat hai
chiesto se c’era qualcuno con problemi di disabilità?"
Intervistato 2: "Sì, per
sapere se c’era qualcuno come me. Ma non ho mai incontrato
nessuno. Non perché non esistono,
ma perché non vogliono dirlo”
Essere omosessuale e diversamente
abile
Intervistatore:
“Che cosa vuol dire per Lei essere gay e disabile?”
Intervistata
25: “Usualmente quando si pensa ad una persona con handicap si
pensa
ad una persona
al centro di attenzioni ma che in pratica rimane con infiniti ‘micro’
ostacoli
giornalieri. ‘Micro’ perché sono invisibili agli occhi dei
più. Non bisogna
pensare solo ai
grandi centri urbani, ma anche alle piccole città a volte incuranti
del
rispetto per
diversi orientamenti sessuali. Stati d’essere per nulla incorporati
nella vita
quotidiana e se
questi due fattori poi si sommano in un unico individuo, rispettare
se
stesso diventa
essenziale.”
Intervistatore:“Ti
senti più gay o più disabile?”
Intervistato
10: “… per quanto io abbia avuto e continui ad avere dei problemi
enormi
per il fatto di
essere handicappato, dall’altra parte non avevo nessun tipo di
problema, di
senso di colpa,
del fatto di essere omosessuale”
Intervistata
22: “Secondo me la prima perché io disabile proprio non mi vedo”
In famiglia
Intervistato
17:“Loro non mi permettevano di avere una mia indipendenza. In
questi
anni io ho
fatto una vita casa-lavoro, lavoro-casa, non avevo avuto modo di
inserirmi
all’esterno,
c’era una barriera. […] Forse per 'amore di mamma', non
riuscivano a
comprendere
perché la vita delle persone non si può ghettizzare solo nella
famiglia.
Posso capire
tutta la prudenza, ma la vita è fatta di tentativi e tutti portano a
qualcosa”
Intervistato
21: “Io penso di essere stato un ragazzo fortunato perché mi sento
apprezzato per
quello che sono, ho avuto stimoli, ho scelto, sbagliato, in un
ambiente
naturale. Devo
solo ringraziarli per avermi spinto ad andare avanti”
Punti di riferimento
extra-familiari
Intervistatore:
“Chi senti che ti ha appoggiato di più dopo che hai detto di
essere gay?”
Intervistato
23:“Internet mi è servito a colmare la mancata presenza di amici
al mio
fianco, amici
reali dai quali ero circondato prima dell'incidente e che a poco a
poco ho
visto fuggire.
La disabilità mi è servita anche a questo, a rivalutare il
significato della
parola
“amico/a” e a riflettere molto a lungo prima di utilizzarla con
le persone che
conoscevo. Il
risultato è che, ad oggi, posso contare i veri amici sulle dita di
una mano. E
sono queste
persone a me davvero care che mi hanno aiutato in seguito a far
concretizzare
queste amicizie iniziate virtualmente su Internet, accompagnandomi a
bere
o mangiare
qualcosa con questa gente nuova, o andando nell’unica discoteca gay
nel
raggio di un
centinaio di chilometri dal paese in cui vivo”
Intervistato 2:
"Trovavo della gente ignorante, ma anche della gente brava che
ti
aiuta… io
sono stato aiutato più dagli amici che dalle istituzioni" -
[Intervistatore:
"Quindi i
tuoi punti di riferimento sono stati i tuoi zii e gli amici?"] -
Intervistato 2: "Sì,
ed io che
personalmente voglio reagire”
Mondo omosessuale e mondo
disabile
Intervistatore:
“Ti sembra che le persone omosessuali discriminino di più o di
meno o
uguale agli
altri una persona con una disabilità?”
Intervistato 4:
“Non tutti i gay sono discriminatori, solo una minoranza, come tra
gli
etero del
resto. Forse tra i gay è più accentuato il problema visto che si
cerca la
perfezione
fisica, la bellezza… E il solo fatto che un gay esibisca certe
anomalie può
essere un
problema per gli altri”
Il coming-out
Intervistatore:
“Alla tua famiglia quando l’hai detto?” - Intervistato 1: “A
mia
sorella subito,
ai miei mai” - Intervistatore: “Ma allora come fanno i tuoi a
saperlo?”
- Intervistato
1: “Beh, io ho amici trans che vengono spesso, ho il calendario di
Brad
Pitt… Penso
sia evidente”
Intervistato
12:“Sono invisibile […] per non complicarmi ulteriormente la
vita, perché
il mio
obiettivo primario era: quando trovo il compagno di vita, parlo di
questa cosa.
Siccome 'non è
passato questo treno', non ne ho mai parlato con i miei o con amici,
né
intendo farlo
per una forma di autotutela, perché poi magari non la digeriscono
bene”
- Intervistato
1: “Dapprima l’ho detto ai miei due migliori amici. Sono rimasti
stupiti.
Nessuno si è
allontanato, anzi”
Intervistato 5:
“Mi sono sempre dichiarato, non ho mai nascosto la mia
omosessualità
e ancora adesso
sono assolutamente dichiarato sul lavoro, dove vivo, non ho nessun
problema e sono
accettato benissimo”
Rifiuti
Intervistato
23: “In tutti questi anni di utilizzo della chat non ho mai finto
di essere
qualcun altro e
ho cercato, sin dall’inizio dei contatti con gente nuova, di far
presente il
mio stato
fisico. Naturalmente ho dovuto anche accettare le conseguenze di una
così
bruciante ed
istantanea rivelazione, che nella maggior parte dei casi causava la
fuga
immediata
dell’interlocutore, e nei restanti casi di temerari chattatori
provocava iniziale
imbarazzo e
inevitabile curiosità a sfondo sessuale che ho subito imparato a
metabolizzare e
a rispondere con naturalezza”
Intervistato 7:
“Non si notava la disabilità, perché ero seduto, piacevo di più.
Il
problema
subentrava quando facevi vedere la tua disabilità, vedevi lo sguardo
smarrito...”
Sessualità e rapporto di coppia
Intervistato
21: “Siamo una coppia 'rara'. Lo dico con presunzione. Per
accettare una
relazione con
una persona disabile devi essere davvero innamorato, perché alcune
cose
sono difficili
da digerire. In termini affettivi non c’è nulla da invidiare. C’è
una
corrispondenza
di amorosi sensi. Dal punto di vista sessuale lì è legato ai limiti
fisici, e
pesa a me e non
a lui, perché si sente appagato. Non avere la forza di stringerlo
forte, di
accarezzarlo è
pesante, però se io non riesco ad alzare il mio braccio, lui lo alza
per me.
Non penso che
la disabilità abbia ostacolato il nostro rapporto di coppia, perché
ho
trovato una
persona straordinaria, intelligente, un ragazzo che non ama solo il
corpo ma
anche l’anima,
anche se sa anche apprezzare il mio corpo, sa come toccarlo”
Intervistato
23: “Quello ad avere più preoccupazioni dell’impatto della mia
disabilità
nel nostro
rapporto di coppia, sono stato proprio io! Avevo paura che le mie
limitazioni
fisiche nei
rapporti sessuali avrebbero prima o poi inevitabilmente compromesso
anche i
sentimenti
instauratisi tra di noi. Ma era solo una mia limitazione mentale
alimentata
dallo
stereotipo di 'coppia omosessuale' che avevo avuto modo di
sperimentare, anche se
per un breve
periodo, prima del mio incidente. Ovviamente un ruolo determinante in
tutto
questo l’ha
svolto indubbiamente il mio partner”
Le associazioni
Intervistato
11:“Secondo me comunque singolarmente è indispensabile che i
disabili
gay si
conoscano tra di loro. È indispensabile che ci sia un qualcosa, un
qualcuno che li
metta in
contatto tra di loro. E se vogliono poi singolarmente le persone
creano un
gruppo, non
deve essere calato dall’alto. Non creare un gruppo da riempire, ma
creare
una rete che
poi diventa un gruppo […] Fondamentale è scambiarsi notizie,
informazioni,
parlare a ruota libera”
Ecco la ricerca per intero: www.lelleri.it/report/abilidicuore
Ovviamente fatemi sapere cosa ne pensate!
Ovviamente fatemi sapere cosa ne pensate!
Condivido molte cose che sono state scritte in questa intervista, primo fra tutte il fatto che essere sia disabili sia omosessuali non è semplice. Più che le barriere architettoniche sono da abbattere le barriere mentali delle persone "normali" che non si sforzano di capire i disagi che possono provare le persone che hanno dei problemi. Perchè disabile non è solo il ragazzo che sta in carrozzina ma sono tantissime altre persone che vivono in silenzio perchè non sono accettate, perchè non hanno visibilità, perchè non c'è nessuno che presti loro la voce per parlare.
RispondiEliminaE' proprio l'aspetto psicologico il problema principale, la paura del rifiuto, degli sguardi pieni di compassione...bisogna cercare poco alla volta di aiutarci a superare queste difficoltà.
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